Graffi Musicali è un piccolo blog indipendente con il solo obbiettivo di dare le proprie opinioni, libere e non seriose, sul panorama musicale.
Per amanti della musica, ma non solo.
Il mio numero: una gru di origami di carta sottile che si staglia nel cielo dai vetri di camera mia. Inadatta al volo, osserva gli uccelli, gli stormi, le rotte, illudendosi un giorno di non essere più sola. Costantemente alla ricerca di uno sguardo amico, metto in sequenza i miei passi migliori. Ma vago senza meta, il mio obiettivo non è un luogo, vorrei solo sapere come fare a incontrarti di nuovo. Se non è mai iniziato non potrà mai finire.
Ho scritto un libro con le parole che hai detto senza tralasciarne nessuna, con cura, per definire un linguaggio comune: la nostra strada di casa. Ma queste pagine non sono grandi abbastanza e per quanto scriva prevale ciò che manca. Affido il mio sguardo al vuoto, so che è l'unico posto in cui sfuggire alla tua accecante brillantezza. Se chiudo gli occhi riesco a vederti immediata, senza incomprensioni. La sospensione del contatto definisce il mio bisogno di averti accanto. A volte vorrei aver incastrato le giuste parole con una freccia nel tempo ma non ho avuto il coraggio di parlare, non ho avuto il coraggio di farmi capire.
Trascinati per inerzia, viviamo la stessa morte ogni giorno: l'abitudine inaridisce l'anima. Spettatori non senzienti di una tragedia che diventa normalità, il nostro corpo non galleggia, sprofonda. Desideriamo colmare l'oceano ma farlo senza bagnarci, restando fermi sulla riva, nell'attesa che l'acqua restituisce i corpi per celebrare il nostro immenso dolore. Adagiati nell'orrendo teatro dell'opinione purchè faccia audiance, assuefatti al racconto dell'odio, ascoltiamo usando lo stomaco. Impauriti da ciò che ignoriamo, confortati dal semplificare, incapaci di tendere la mano, asciutti anche sotto la pelle. Smarriti in mezzo alla tempesta, ci aggrappiamo a quel che resta delle fragili imbarcazioni approntate per la nostra vita, fatte di deboli certezze, valori pallidi da rinnegare. Preghiamo non tocchi a noi di dover affrontare il mare. Messi in fuga dalla guerra peggiore, aggrediti dalla nostra coscienza, l'apatia come porto sicuro, la nostra è vita o solo sopravvivenza?
L'umana esigenza di dare un senso a ciò che si è perso, mutato nel tempo, è una trappola ineludibile. Non voglio voltarmi, ho paura che tu possa non esserci più, ma non riesco a guardarti, negli occhi ho una lama di verità affilata nei giorni passati da solo, rileggendo nervoso la storia che ci ha portati fin qui.
Maledico ogni passo ma se lo immagino altro inganno anche me. Ogni attimo è stato frutto perfetto del nostro essere. Ti ricordi quando, sdraiati nell'erba, camminavamo nel cielo? Siamo rimasti senza le gambe per reggerci in piedi. Braccia troppo deboli e stanche per stringerci ancora. Sono ancora qui, abbracciami, sono ancora qui, torna da me.
Parole private del loro significato, come armi affilate, per tracciare i contorni di una forma a cui manca sostanza, di un' identità, definita per scarto rispetto a ciò che è diverso, ma solo è paura di essere scarti anche noi a nostra volta. Chi siamo davvero se nessuno ci guarda? Perdiamo i denti da latte e ci illudiamo di morder più forte, siamo solo più soli, ingabbiati da un odio che non conosce ragioni. Senza il coraggio di guardare in basso, puntiamo i piedi per darci lo slancio, per la paura di vedere nell'altro il nostro futuro. Quegli occhi non sono nient'altro che uno specchio in cui siamo assediati dal nostro agio, effimero argine. Che se il disprezzo non ha mai dato valore a niente, la paura del contagio lo rende appetibile.
Sto cercando di imparare a prendermi cura di me stesso ma non riesco più a neanche a stare da solo un momento. Metto in fila sempre gli stessi gesti a cui so dare un ordine ma non un significato. Parlo da solo, cammino veloce, mastico i nervi che dovrebbero reggermi. Improvviso espressioni consumate per illudermi ancora di avere il controllo su di me. Cerco uno schema, inseguo una costante a cui aggrapparmi.
Traccio un disegno, bramo un significato, mi vedo riflesso. E in ogni stagione percorro sempre lo stesso viale, guardo foglie cadere e rinascere mentre io tengo stretto quel poco che resta tra le mie mani, stringo così forte da dimenticarmi perchè. Se ad ogni passo continuo a scegliere il male minore, maggiore è il divario tra chi sono e chi potrei essere.