Reperti: La Loggia - 6 Giovani Prestanti


Si inaugura con questo articolo la prima rubrica del blog: Reperti.
Chi mi conosce sa che sono solito frequentare mercatini dell'usato e portarmi a casa materiale musicale di varia entità. Da questo mio impegno nell'andare a sporcarmi le mani tra ciò che altre vite hanno considerato come cedibile, nasce Reperti: un sunto di cosa emerge dalla polvere delle bancarelle, talvolta album conosciuti di band affermate, altre volte album autoprodotti registrati in un casolare di campagna… Non è forse questo il bello?

Ora che i convenevoli sono stati gettati e le regole imposte è arrivato il momento di mandare a fare in culo quanto appena detto. Sì perché l' album che andrò ad introdurvi lo comprai o, meglio, lo comprò mio fratello per me, al concerto di Caparezza a Cuneo in Piazza Galimberti nel 2004. Ancora mi ricordo la loro apertura, quando tirarono sul pubblico valanghe di adesivi e, a fine evento, quando rincorrevano il pubblico promettendo una birra a chiunque avesse comprato il loro CD. Ero troppo piccolo per una birra, ma non fu un problema.
Direttamente dalla Mondovì del 2002, prodotto grazie allo sforzo di una decina di realtà cuneesi, ecco "6 Giovani Prestanti" dei compaesani La Loggia.
Un album enciclopedico, 28 pezzi di rap/hip hop old school, cantato in italiano e con la presenza di molte collaborazioni, compresa quella dell' ormai famoso Caparezza che all' epoca aveva all'attivo solo il suo album di esordio e tre demo.
L' album parte con una intro, "6", semplice, che si limita a ripetere "6 Giovani Prestanti" per poi sfociare in "Giovani Prestanti", il loro anthem, una presentazione e dichiarazione di intenti. L' obbiettivo è infatti rispettato già dalla seconda traccia, "Testimoni Del Nostro Tempo," che, come dice il titolo stesso, è una descrizione piuttosto distaccata ma non disinteressata  del periodo da loro vissuto. Da qui si procede con "I Dinosaruri dell' era moderna" e i seguenti brani fino ad arrivare al blocco di tracce "4x4 Mance…" in cui i 4 MC che compongono il gruppo sembrano volersi sfidare, ognuno dopo una piccola introduzione ripresa da qualche eserciziario inglese,  proponendo le proprie rime e i prori stili lasciando all' ascoltatore la decisione del vincitore (per me Deeiv). Finito questo quartetto troviamo una traccia singolare, "Polvere Negli Occhi" in cui abbiamo una grande parte di Lara Pagin che insinua il suo cantato melodico sul beat nelle prime battiture per poi tornare nel ritornello. In questo brano si nota proprio come tutta l'attenzione venga data alla Pagin, tant'è che il rappato è eccessivo, rozzo, non pare esser stato davvero curato.
Da questo punto in avanti la qualità dell'album inizia però a scemare e va a tracciare una parabola ascendete trattenendosi faticosamente sulla sottile linea che separa un prodotto mediocre ma comunque in grado di crearsi un seguito e la mediocrità dura e pura, che affoga e scioglie tutto in un unico pastone di somiglianze e scopiazzature.
Saltando ora al lato tecnico, il flow di questi ragazzi è palesemente Naif, presenta errori talvolta grossolani quali accelerate o stop improvvisi per stare sul tempo e le parole non sono sempre scandite in modo chiarissimo. Sicuramente non aiuta il mixaggio che, se nella prima traccia è buono, già dalla seconda è decisamente insufficiente, base troppo alta e voce che viene nascosta da qualsiasi frequenza  che si sovrapponga. Non da meno il lavoro di Mastering, molte volte abbiamo dei bassi potenti ma moderati e compatti, altre volte ogni colpo di cassa sovrasta tutto l' insieme e rimbomba nei diffusori. Nota di merito alle basi che campionano strumenti e poche tracce altrui per poi giostrarsi con una serie di suoni minimali ma di buon impatto e lontani dal sintetismo digitale odierno.
Il lavoro in generale poteva essere tagliato di alcuni pezzi, 27 tracce sono molte e si fanno sentire nei primi ascolti ma capisco che un gruppo del genere, vicino al fenomeno posse come struttura, avesse bisogno di spazio per esprimersi del tutto, del resto gli artisti si sa che sono persone espansive.

La Loggia 6 Giovani Prestanti Album Cover Graffi MusicaliPurtroppo questo CD è un pezzo piuttosto raro da trovare, oltre alla mia copia non me n'è mai capitata un' altra tra le mani ed ho paura che non accadrà molto presto, ogni sito web aperto in quegli anni ormai è stato chiuso e l'unica possibilità è contattare direttamente la band al loro account Faebook, non più aggiornato dal 2017.
Un vero peccato insomma, perché un lavoro del genere non può passare inosservato per ogni amante della vecchia scuola e dovrebbe esser ricordato insieme ad altri prodotti della stessa epoca come "Anima e Corpo" degli ATPC o il progetto OTR, simbolo di quegli anni di passaggio in cui la cultura hip-hop iniziava a ritagliarsi uno spazio sempre maggiore ma che ancora non subiva l' influenza del mainstream, anni in cui non si richiedeva l' esecuzione perfetta ma il cuore ed anni in cui era ancora difficile riuscire a far girare i propri pezzi non era cosa da poco.

Bohren & Der Club Of Gore o il deaffaticamento muscolare



1992, Mülheim an der Ruhr, Germania, 4 ragazzi decidono di mettere su una band. Gli anni erano quelli, esplodeva il grunge e l' hardcore prorompente degli '80 andava morendo, mischiandosi al noise e al post-punk creando un' ondata di band basate sul caos musicale più puro. Da questa città tedesca arriva una band, i Bohren. Una band come molte altre, ad essere onesto, con una buona tecnica ma nessuna caratteristica particolare. Ad un certo punto però qualcosa cambiò. È il 1994, il nome cambia, i rinnovati Bohren & Der Club Of Gore rilasciano  un 7" di dark ambient jazz. Due suite, una per lato, low beat, scuro, ansioso, pochi suoni puramente ambientali, qualche nota di chitarra, spazzole sul rullante ed inizialmente una grande presenza del basso. Ecco quindi gettate le fondamenta per i lavori successivi: canzoni molto lunghe, ritmi estremamente lenti, minimalismo esasperato, un piano sinuoso che riempie quei  rari momenti vuoti e, successivamente un cinico sassofono. Dieci album da scoprire, ovviamente non un ascolto facile, leggero e felice, ma credetemi se dico che ne vale la pena.
Piena notte, un libro, fuori da casa la pioggia di fine ottobre ed un caminetto acceso, ecco il perfetto ambiente in cui assaporare lavori come "Piano Night" o, il mio preferito, "Sunset Mission". La principale preoccupazione in questi casi è che ci si ricicli, che si finiscano le cose da dire o, meglio, da far provare ma loro no, sanno come distinguere le proprie composizioni con semplici espedienti. Prendiamo come esempio "Midnight Radio" ed il sopracitato "Sunset Mission", nel primo caso bisognava ricreare la sensazione di una notte solitaria ed ecco come il basso si adopera nel creare dei perfetti tappeti su cui adagiare lente armonie vibrate e solitari battiti di batteria, fino ad arrivare all' ultima traccia che regala all'ascoltatore un ritmo più movimentato e lo risveglia dal torpore in cui si è adagiato per più di un'ora. "Sunset Mission" invece ci regala il ritratto della città  sotto la pioggia, i ritmi sono leggermente più veloci, il piano si estende ma non  primeggia sul vero protagonista, ovvero il sassofono che, comunque, non vuole troneggiare solisticamente su nulla. A contorno di tutto ciò abbiamo, inserito nel mix in secondo piano i suoni di un temporale, con tuoni lontani e il battito delle gocce infrante sull'asfalto.
Bohren & der Club of Gore è scuramente il progetto più importanti in questo segmento di genere e ciò si vede anche dai numeri, risulta indubbiamente la mia miglior scoperta dell' anno passato, Suggerisco a tutti di ascoltarli, partendo magari dal best of pubblicato qualche anno fa, a stendersi sul letto ad occhi chiusi e a lasciarsi trasportare in questi ambienti dalle loro ispirazioni.

Non ci saranno inchini a sua maestà



I Punkreas sono calati con gli ultimi lavori, poco da fare.
Com'è possibile che la band  più famosa del panorama punk italiano sia cambiata a tal modo da esser diventata una caricatura di se stessa, disegnata da un cieco?

San Lorenzo di Parabiago, 1989, un gruppo di 5 ragazzi registra la sua prima demo e la distribuisce nell'underground, iniziando così la scalata nella scena  musicale nostrana. Ad oggi siamo al quindicesimo album e la musica è cambiata.
Da uno stile molto classico, rude, spoglio siamo sbarcati ad un punk altamente influenzato dal rock classico, con ritmi relativamente lenti e una diversa concezione della struttura e del testo e della canzone.
Una delle qualità del gruppo è sempre stata la sua dinamicità, ogni album era differente dal precedente ed accettava influenze varie. Costanti erano i testi: diretti ma mai espliciti, politici e attuali. Tutto ciò è stato ANNNULLATO con il loro ultimo lavoro e questo tracollo, avviato nell' album Il Lato Ruvido, ha secondo me origini ben precise: Flaco.

Flaco (Fabrizio Castelli) è entrato nella band  agli albori, poco dopo la registrazione di "Isterico", ed ha dato un' impronta pesantissima nella composizione delle melodie e nella stesura dei testi. Quando, il 12 ottobre 2014, dalla pagina Facebook dei Punkreas annunciò la sua separazione dalla band mi parve una notizia sì triste, ma non tragica. MAI potevo sbagliarmi così tanto.
Da quanto emerse in seguito il chitarrista fu letteralmente scaricato su due piedi, in seguito a dissapori e da quello che lui descrive come il delineamento di percorsi diversi da quelli che egli appoggiava.
Ascoltando anche questa intervista mi appare quindi chiaro quali siano questi "percorsi" di cui si parla: canzoni meno impegnate ed impegnative, giri di accordi più vicini agli stilemi classici e commerciali, struttura dell' album non più concepito nella sua interezza quanto come un compilation di singoli e un maggior fattore "tormentone" nei ritornelli. Aggiungiamo a tutto questo una mancata originalità stilistica ed avremo prima, nel 2016, un album piacevolmente non sperimentale come il precedente "Noblese Oblige ", più, giustamente, ruvido ma con meno piglio rispetto ai precedenti e, nel 2019, ""Inequilibrio Instabile", un album con una sola canzone passabile e una marea di passi falsi.
Onorevole il fatto che ormai, avendo raggiunto il successo, non vogliano più trattare argomenti che non sentono vicini e si siano messi a riflettere su di loro anche dal punto di vista personale ma una cosa del genere deve esser fatta con un senso e una forma corretta, non può esser tutto banalizzato come fanno loro e nascosto dietro a melodie corali sciatte e strasentite. Senza Flaco il gruppo ha perso tutto, dal tocco  alla grinta e, a riprova di ciò, ci viene in aiuto proprio il lavoro solistico del Castelli, Flacopunx.
Punkreas Flaco Coleotteri Cover Album Graffi Musicali"Coleotteri" è un ottimo album, estremamente politico ed attuale, lucido, palesemente amato dall'artista che lo fregia di fraseggi arabeggianti, surf, pop, russi con estremo tatto. Per assurdo io sento molto più Punkreas qui che in chi porta davvero tale nome. Un vero peccato che questo
progetto sia morto in pochissimo tempo.
A seguito di un crowfounding conclusosi per il rotto della cuffia uscì il disco e conseguente tour che passò anche dalle mie parti, a Mondovì(CN).
Li vidi quindi dal vivo al Rock Budda Pub, un localino molto bello
 in cui andai con una mia amica. Ad aprire vi erano i Quarantena ed un pubblico a dir poco scatenato(credo di non aver mai più rivisto due persone combattere su una sedia in mezzo al pogo) ma poi arrivò il dramma, durante il cambio palco un sacco di gente si allontanò o addirittura lasciò il locale, tant'è che alle prime note di Flacopunx eravamo poco meno di una decina di persone sotto il palco.
Questa cosa mi fece alquanto riflettere su quante cose influenzino o meno il successo di un progetto. In questo caso credo sia stata una questione di puro menefreghismo, la gente che era lì non conosceva neanche una loro canzone, probabilmente neanche chi fossero e non ha voluto saperne di farlo, estendiamo questo comportamento a livello nazionale, aggiungiamo una scarsa pubblicizzazione ed ecco che, finito il tour, il progetto si chiuse, tra le lacrime di tutti coloro che lo hanno seguito perché davvero credevano in ciò che facevano e non ascoltavano i Punkreas solo perché "li ascoltavo da ragazzo"