Parlando del nulla - Decostruzione Costruttiva


Per il listone di qualche giorno fa mi son voluto preparare riascoltando tutto quello che avevo in libreria ed ecco che ritrovo questo.
Twys dissecting Cripple Bastards cover
"Twys Dissecting And Recomposing Cripple Bastards" è un lavoro di Twys, appunto, dove l'artista smantella tutta la struttura di "Stupro e Addio" per analizzarne lo spettro sonoro, enfatizzando i punti salienti della composizione e riuscendo addirittura a riordinare il caos musicale concepito inizialmente dai Cripple. Dagli iniziali 3:37 minuti i tempi si esasperano, la lunghezza totale si triplica a fronte di un'operazione chirurgica che, come tale, richiede calma e perizia per esser portata a termine e riuscire a riflettere l'idea originale, mutata ora dal profilo di partenza.
Non è dell'originalità di questa operazione di cui voglio parlare dal momento che, a dire il vero, suona un po' come un lavoro di riporto. In un certo senso aveva già preso questa via Douglas Gordon nella sua installazione 24 Hours Psycho, in cui staccava ogni singolo fotogramma del celeberrimo capolavoro di Hitchcock per imprimerlo su schermo ogni mezzo secondo, risaltandone ogni sfumatura, comprese tutte le imperfezioni di una tecnologia analogica d'annata.
La decostruzione in ambito musicale però è un argomento  ancora poco approfondito e difficilmente tracciabile, talvolta superato da quel nichilismo distruttivo ben voluto in ambito estremo. Abbiamo forse qualcosa in Giappone con progetti come Zarqunon the Embarassed, in parte Gerogerigegege e sicuramente altri  che, però, ammetto di far fatica a riportare. Bisogna differenziare poi tra remix e decostruzione perchè, seppure in lato pratico la cosa potrebbe essere simile, dal punto di vista concettuale siamo agli antipodi.
Da un lato la scomposizione fredda delle sezioni strumentali  si conclude in un costrutto finale volto allo stravolgimento del fine stesso dell'originale, dall'altro lato la decostruzione smonta la trama musicale seguendo una logica molto più legata ad un'ideale di studio del progetto, cristallizzato  nelle conclusioni che ci verranno poi date a sentire.
Nel mestiere del critico quindi la decostruzione è all'ordine del giorno, intesa  non come operazione manuale ed espressione artistica, bensì come strumento inconscio necessario per una miglior comprensione del medium.
Il soggetto medio che si avvicina all'ascolto riceve un insieme di informazioni e suoni mixati ed amalgamati in modo che egli non senta la necessità di alcuna operazione per apprezzarli nel loro costrutto finale.
Differisce in questo però il critico che, come tale, è quasi obbligato ad isolare ogni elemento scenico per comprendere cosa lo colpisca, dove ed in che modo. Il buon recensore non è infatti colui che riesce a descrivere nella maniera più dettagliata possibile l'album o la canzone, come fin troppo spesso mi accade di leggere in certe riviste, bensì un personaggio che, in modo totalmente naturale, percepisce degli stimoli e li mette alla berlina  per rintracciarne l'origine.
Non bisogna però limitarsi alla semplice decostruzione per compiere un lavoro pieno. È bene tener conto di come la musica si basi su due elementi ancestrali ben caratterizzati e distinti: melodia ed armonia. Mentre la prima potrebbe, anche se indebolita e decontestualizzata, vivere di vita propria, la seconda sopravvive solo grazie all'intreccio simultaneo di più note ed in tal senso non può esistere se non coesa in qualche modo.
Ma non siamo noi gli artisti, è inutile cercare innesti logici forzati e significati intrinseci inesistenti; la ricostruzione mentale del background produttivo ed ideale deve limitarsi nella misura in cui ogni elemento è stato originariamente ricercato, separandolo da tutto ciò che è frutto di nostri idiosincrasismi da ipertrofia cerebrale.
 Tutte queste azioni, più o meno inconsce, sono importantissime in quanto si riflettono poi sul giudizio che diamo e, quindi, devono essere conosciute e ancor di più comprese, ponendo particolare attenzione a non attivare un secondo automatismo per il quale questa visione autoptica sostituisca totalmente anche il primo ascolto che DEVE rimanere totalmente istintivo ed in una qual misura anche leggero.
Certo è che, se si riesce a comprendere il proprio flusso di pensiero in modo coscienzioso, si apprezzano tutte quelle finezze caratteristiche di un approccio molto serio e appassionato alla materia. Ascoltate infatti "The Dark Side of The Moon" che, un po' come in tutte le produzioni di Alan Parson, nasconde in sé miriadi di piccoli dettagli, talvolta appena udibili, innestati qua e là sulle bobine. O ancora a quel folle di Adrian Belew, che si diverte a presentare nei suoi album il frutto di un lavoro già decostruito e riassemblato in tanti piccoli compartimenti stagni perfettamente in simbiosi. Per fare un esempio di quest'ultimo vorrei portare all'attenzione "Writing On The Wall", nella cui composizione è palese coesistano due sezioni formate rispettivamente da chitarra/batteria e basso/voce le quali, pur non lavorando all'unisono, riescono a dare un risultato finale sì eterogeneo ma assolutamente non dissonante e, proprio per questo, ottimamente riuscito.
Eppure non siamo scienziati, il pragmatismo non ci ha mai toccati, se non nei momenti in cui dovevamo mettere mano allo stereo. Nel rispetto dell'arte stessa dobbiamo distaccarci da ogni approccio schematico.
Non abbiamo un metodo galileiano nel nostro procedere e ciò che estrapoliamo non deve per forza essere una copia carbone di quello che ci viene proposto inizialmente, ma un punto in comune con la medicina lo abbiamo. Proprio come per un'autopsia, dove si ricerca la patologia passata inosservata per comprenderne lo sviluppo, anche noi possiamo portare allo scoperto il baccello dell'influenza. Tutti quegli stimoli esterni che vanno ad infettare un lavoro ma che, grazie proprio alla loro natura di ospiti, ne plasmano la forma finale e, esattamente come una malattia, si insinuano in noi trasmettendosi nel nostro creato andando a scrivere quella che è in realtà la storia dell'evoluzione musicale. Tutto, se lo si va a smontare, è portatore di questo DNA dai richiami ancestrali, utili a tracciare la storia di un genere e non solo.
Ma perchè si fa fatica a trovare qualcuno che davvero affronti tali argomenti? Quale elemento manca perchè in musica si possa arrivare ad un discorso simile, slegato dal contesto della critica? Non è la critica stessa a dover invogliare l'artista a scomporre il proprio pensiero come primo approccio all'opera finita?
È a fronte di tutto ciò, quindi, che mi lamento del giornalismo musicale odierno.
Sono da molti mesi abbonato a varie riviste del settore e quel che mi ritrovo tra le mani è, fin troppo spesso, un'abecedario di interviste quasi tutte uguali e superficiali all'artista di turno intento a pubblicizzare la nuova uscita.
J'accuse!
...Tutta questo territorio desolato che è la cultura italiana, serpe in seno alla crisi e specchio del consumismo, che porta i pochi protagonisti di un'editoria sempre più povera a vendersi alla pubblicità.
J'accuse!
....La mercificazione del prodotto musicale visto come bene di consumo e non più estensione di un pensiero libero.
J'accuse!
....Il critico che accetta di recensire un lavoro in venti righe e l'artista che accetta che mesi di lavoro vengano semplificati così, riassunti magari  in un numero.
J'accuse!
....Colui che dopo aver giudicato l'operato di qualcuno non fatica a prendere sonno. Chi non mette in discussione continuamente quanto sta dicendo con la convinzione che, essendo giudice giuria e boia, sia superiore a qualcun altro il quale, a differenza sua, è in grado di costruire qualcosa. Chi sa fa, chi non sa professa.
J'accuse!
....Chi non si guarda mai indietro, dando per scontato che non sia importante, e si rifiuta di decostruire il suo passato e di capire cosa ha portato a certi giudizi, a fronte del tempo trascorso.
Je m'accuse!
...Dall'alto della mia inesperienza, di aver voluto trattare un tema troppo vasto per poter essere riassunto e di averlo fatto con la sfrontatezza di chi ha qualcosa da dire e vuole farlo a qualsiasi costo.

Ringrazio Alessandra per l'assistenza data, dandomi un punto di vista più tecnico e scientifico sull'argomento.



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