A volte la qualità si nasconde, assopita, dietro ad un' opera minore, persa nel calderone dei prodotti di consumo.
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E.T. Armies - concept art |
Inutile che lo cerchiate su Google perchè pare non esistere, Discogs non aiuta e di certo Spotify non lo trova così interessante da meritarsi la sua attenzione. Siamo di fronte ad un lavoro fantasma del quale ne cogli i frutti senza capire da dove e soprattutto da chi arrivino. Avendo avuto la fortuna di trovare questo videogioco ad un euro nei cestoni del Gamestop (pace all'anima sua) ho potuto scaricare da Steam come contenuto bonus la versione MP3 delle 17 tracce che compongono la colonna sonora, compresa di ogni informazione su titoli ed autore.... senza però uno straccio di riferimento o contatto, nota di copyright o qualsiasi altra cosa che mi desse una stima di chi ci fosse dietro, del suo background, nulla di nulla.
Si presenta però come un lavoro buono, compatto, che non patisce la perdita di contesto e anzi, si fa ascoltare quasi meglio come composizione a se stante. Tessuti ambient lasciano spiccare degli arrangiamenti orchestrali che cedono volentieri il passo a strumenti elettrici quando questi trovano il loro spazio. Una sezione di timpani a spezzare le fila dei rondò di violino lascia spesso spazio al ritmo di una batteria il cui solo rullante è protagonista e collante per la maggior parte dei pezzi. A corredo uno strato di sintetizzatori che amalgamando il tutto attraversano una mescolanza di tastiere, bassi e white noise .
Tutti elementi, questi, incollati da un massiccio editing digitale che, appiattendo ogni parvenza di organicità negli strumenti acustici, omologa tutto alla natura synth ambient dell'intera produzione creando un'unione ideologica tra la virtualità dello sparatutto a tema fantascientifico e la quasi impalpabilità della produzione. Questo è forse ciò che preferisco infatti del disco, lasciando un secondo indietro il discorso composizione ed arrangiamenti i quali, stando ben al di sopra dei livelli di guardia, creano il giusto mix tra inespressività e trasporto, fra un oboe fuso a violoncello e un sintetizzatore mazzuolato dal drumpad.
La produzione è povera, minimale, pare quasi assente ogni lavoro di mastering, tutto spigoloso, curato solo dove necessario... e va bene così. Finto, digitale, sintetico, irrealistico e immateriale com'è giusto che sia, tutto volge al virtualità degli ambienti fantascientifici del videogioco. Certo, forse troppo orchestrale ogni tanto la colonna sonora stona all'interno del gioco, ma una volta separata e vista nel suo insieme dà il meglio.
Voglio spostare ora un po' il fulcro del discorso verso una questione che trovo particolarmente importante.
Sto parlando ormai da un po' di queste 17 tracce strumentali ma è un discorso che trova il tempo che trova; fino a quando resterà un'impresa poterne reperire una copia (digitale, tra l'altro). Non siamo dinnanzi allo stesso discorso che si può fare per altri dischi rari, ricercati dai diggers e che godono della nomea di "cult introvabile". Non esiste una versione fisica che potrà finire in qualche soffitta o cantina, resterà lontana da qualsiasi bancarella dell'usato e negozio di dischi. Non esiste se non come copia digitale su un server. Ma se, per caso o per sfortuna, accadesse mai qualcosa e venisse cancellato il gioco da Steam? Tutto sparito, perso nel limbo insieme a miliardi di altri bit senza più significato. Una perdita che difficilmente verrebbe colmata, un po' per disinteresse del mercato che degli autori stessi, orfani disinnamorati di adeguati compensi e riconoscimenti.
Esistono importanti biblioteche, cineteche sfarzose dove le pellicole vengono salvate dalle incurie degli anni, perchè non si possono fondare allora delle discoteche? No, non quelle in cui vai a pipparti anche il cartongesso nei cessi, bensì dei luoghi in cui mantenere e catalogare tutte le opere prodotte anche quando non adeguatamente distribuite. Un grande database, reale e tangibile, volto alla sola conservazione e di conseguenza alla sopravvivenza di materiale sensibile e in molti casi anche fragile.
Ora come ora questo compito è lasciato in mano a privati, collezionisti o etichette discografiche che siano non fa differenza perchè le meccaniche in fin dei conti sono sempre egoisticamente le stesse. La casa discografica non si assumerà mai il costo e la responsabilità di occuparsi dei master altrui senza averne magari comprati i diritti, mentre i collezionisti sono soliti essere troppo attaccati ai propri oggetti e difficilmente lasciano in mano altrui pezzi che hanno richiesto anni di ricerche e un dispendio economico troppo spesso inquantificabile.
A questo servirebbe infatti un'istituzione super partes: in prima battuta avrebbe un ampio raggio d'azione e non sarebbe un archivio strettamente settorializzato, la possibilità di accedervi e far ricerche sarebbe possibile potenzialmente a chiunque ed infine la formazione di un organo dedito a tutto ciò avrebbe la possibilità di farsi sentire, di disporre, nella più utopiche delle realtà, di un supporto legislativo volto al proprio sviluppo e sostentamento.
Indipendenti di tutto il mondo unitevi! Non lasciate che le vostre ore di lavoro vadano perse, le vostre idee appassiscano e non influenzino nessuno.
Distacchiamoci per un attimo dal mondo virtuale di Discogs e Spotify per capire che la tangibilità ancora serve.
Questa volta forse gli hipster collezionisti di vinili hanno ragione.
Questa volta forse gli hipster collezionisti di vinili hanno ragione.