Questa volta la storia è breve: entro in negozio, sfoglio i CD, ne vedo uno con la copertina super pucciosa e, ad un euro, lo compro..
Salgo in macchina, lo metto su, ne apprezzo la calma ed il mood generale, arrivo a casa, lo copio sul PC e lo ripongo nella colonna infame dimenticandomene per un numero imprecisato di mesi.
Inaugurando questa rubrica e dovendo fare un po' di numero ho ripassato tutti i miei acquisti passati ed è ricicciato fuori all'improvviso.
Lo faccio girare un po' e ne vengo catturato immediatamente.
Non so perchè, probabilmente la qualità migliore rispetto alle casse della C1, forse ero semplicemente più concentrato rispetto ad un ascolto tra analfabeti funzionali che non sanno prendere le rotonde, fatto sta che mi innamoro di tutto.
Dalla copertina martorizzata dal tempo fino ad ogni dettaglio sonoro, tutto è intriso di un'economicità strutturale che rivela però un ottimo impianto emotivo, capace di accompagnare la vita quotidiana tanto quanto cullarci nel torpore di un viaggio, immersi nei nostri pensieri e riflessioni.
Andrea Carella, Francesca Amati e Jenny Burnazzi questi i "Comaneci", trio di scrittori da cui nascono le canzoni, sicuramente persone molto legate fra loro,essi stessi specchio della musica che propongono.
Melodie leggere, intime, grevi, bucoliche e cangianti riescono a coprire perfettamente ogni situazione e a guadagnare significati diversi a seconda dei momenti. Chitarra e violoncello sono il cardine su cui tutta la struttura sia ritmica che melodica si basa; sempre improntati a stendersi a tappeto senza mai sopraffare la voce, se non nei rarissimi momenti in cui volutamente viene posto un accento su parti di rilevante interesse in cui riportano alta la concentrazione dell'ascoltatore. Uno strappo a questa regola viene fatto nell'intro di "You're Liars" dove il violoncello, in modo totalmente sgraziato, irrompe nella scena, slegandosi dal contesto e dal suo essere strumento musicale per diventare un personaggio a se stante, distaccato dalla linea principale ed agendo come impersonificazione della menzogna stessa analizzata nel testo, sapientemente enfatizzato da un ritmo incalzante nei versi antecedenti all'accusa del ritornello, viceversa molto pacata e passivo aggressiva.
Adoro poi "Houesmate", davvero perfetta nell'impostazione vocale e con un ritmo incalzante, che corre per fermarsi improvvisamente, riprendere fiato e ricominciare la corsa da dove si era fermata, incattivendosi nel finale con scoccate di violino e battiti di chitarra.
La mia preferita rimarrà però sicuramente "One Night", dove un delicato romanticismo viene narrato da un cantato estremamente preciso e pulito, per nulla trascinato come in altre canzoni, va ad unirsi a questo la chitarra che, dapprima solo acustica, viene accompagnata e poi superata da una elettrica sporca, a voler forse sottolineare lo sviluppo sempre più cinico delle storia con l' avanzare del racconto.
I suoni poi sono ottimi, il fatto che spesso in scena ci siano non più di due strumenti oltre la voce ha fatto si che in studio si potesse lavorare in comodità seguendo ogni singolo aspetto in ogni traccia lasciando una spazialità, una dinamica, una qualità generale nel mixaggio che fanno invidia a produzioni incredibilmente più costose.
Il packaging poi è finalmente qualcosa di differente perchè, a fronte della solita sottiletta in cartone, troviamo anche una bellissima confenzione in tessuto cucita a mano con sul fronte una toppa con la forma dei piccoli esserini disegnati in copertina. Sicuramente un ulteriore tocco personale che rinforza la pudica idea di intimità che trasmette tutto il lavoro.
Quando ci si trova davanti a un'opera del genere la sola cosa da fare è, e sarà sempre, star zitti, spegnere la luce e lasciarsi trasportare dalle emozioni senza stare a studiare quello che viene fatto, lasciar parlare il cuore e comunicare con la sola semplicità che questa musica di radici rurali può trasmettere.
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